Presentazione del nuovo volume del Centro Altreitalie

Venerdì 20 novembre 2020, alle ore 9:30, sulla piattaforma Zoom e in diretta streaming sul sito di Altreitalie, su Facebook e YouTube, verrà presentato il volume del Centro Altreitalie Il mondo si allontana? Il COVID-19 e le nuove migrazioni italiane di Maddalena Tirabassi e Alvise Del Pra’, con prefazione di Piero Bassetti, Torino, Accademia University Press.

L’evento verrà introdotto da Maddalena Tirabassi e coordinato da Alvise Del Pra’, vedrà la partecipazione di parlamentari, funzionari, docenti, esponenti di enti o associazioni.
I relatori si confronteranno sull’esperienza degli italiani all’estero durante i lockdown nei diversi paesi, con un focus su Europa e Australia, e sul futuro delle nuove mobilità italiane.

Sarà possibile seguire la diretta video sulle pagine:
www.altreitalie.it
www.facebook.com/CentroAltreitalie
https://youtube.com/user/Altreitalie

Per partecipare su Zoom inviare una mail a segreteria@altreitalie.it entro il 19.11.2020

Leggi il programma.

Di seguito il testo della presentazione di Maddalena Tirabassi, Il mondo si allontana?

Grazie per aver aderito così numerosi alla presentazione dei risultati dell’inchiesta sul Coronavirus e le mobilità/migrazioni italiane del terzo millennio. E un grande ringraziamento naturalmente alle centinaia di persone che da tutto il mondo hanno partecipato alla ricerca.
A proposito di mondo, nell’organizzare questo incontro abbiamo dovuto operare una scelta geografica a causa dei fusi orari, e come vedete nello stabilire l’orario dando la precedenza all’Australia abbiamo di fatto escluso le Americhe. Siamo stati premiati perché ci ha consentito ˗ grazie alla collaborazione di numerosi studiosi e operatori australiani che oggi sono riuniti nella sede del Coasit di Melbourne, alcuni dei quali interverranno fra poco ˗ di approfondire alcuni aspetti non molto noti come quello degli “invisibili”, dell’associazionismo sia istituzionale che bottom up che hanno collegato vecchie e nuove migrazioni.
All’esplodere della pandemia a metà marzo ci eravamo chiesti quale impatto avesse sugli italiani, giovani e meno giovani, che avevano trasferito la loro residenza all’estero negli ultimi 15 anni. In particolare, su come sarebbe mutata la mobilità di questa generazione abituata a spostarsi su treni superveloci e voli low cost attraverso i confini europei e globali, e quali fossero state le reazioni di fronte a un mondo che, a prima vista, pareva essersi «allontanato».
Nell’ultimo decennio avevamo cercato di analizzare le nuove mobilità italiane da diverse prospettive da quelle quantitative a quelle private. Non potendo avere dati sulle conseguenze demografiche del Coronavirus, almeno fino al prossimo anno, abbiamo pensato di svolgere un’inchiesta su una situazione in continuo movimento. Abbiamo iniziato lo scorso marzo per arrivare a estate inoltrata, l’inchiesta on line di cui parlerà tra poco Alvise del Pra’ è terminata alla fine di luglio.
La prima fase della ricerca è stata dedicata alle interviste in profondità con i racconti dei primi giorni della pandemia, con le fughe per tornare in Italia, o nella propria sede all’estero, delle quarantene dei “ragazzi confinati in una stanza d’affitto, delle paure per i propri cari in Italia, unite a quelle per la perdita del lavoro.
Da tutte le interviste emerge l’incertezza rispetto alle misure da adottare, senza sapere se seguire le norme anti-contagio italiane, come ricordato da Massimo Ungaro che parla dell’ansia diffusasi tra gli italiani per le misure diverse intraprese dai vari paesi, dovuta sia alle tempistiche di diffusione del virus che alle legislazioni differenti.
Per quello che riguarda la questione lavorativa, nel complesso i nuovi migranti più integrati economicamente hanno mostrato di affrontare bene il lockdown. La grande maggioranza ha continuato a lavorare, chi normalmente (15%), chi in modalità teleworking o smartworking (52%).
L’11% ha usufruito di ammortizzatori sociali come la cassa integrazione, o l’aspettativa retribuita. Da tutte le testimonianze emerge che i più colpiti sono stati i lavoratori del settore della ristorazione, a cui probabilmente appartiene quel 6% degli intervistati che ha perso il lavoro, chi è rimasto a casa senza stipendio ˗ e molti degli ‘invisibili’, quelli arrivati negli anni più recenti, di solito non iscritti all’Aire. Naturalmente la situazione cambia da stato a stato, e se in Germania o Francia gli italiani paiono esser soddisfatti della reazione delle istituzioni, in altri paesi come Regno Unito, USA, ma anche Svezia, si percepisce un maggiore scetticismo, sia per quanto riguarda la tutela del lavoro come per la gestione della salute pubblica.
Resta il grande interrogativo sulle cifre delle migrazioni italiane in un prossimo futuro che riguarda non tanto questa generazione, cresciuta all’insegna delle libertà di movimento, ma le prossime, o quantomeno proprio la Next generation che non sappiamo per quanto tempo sarà costretta a studiare e lavorare in remoto.
Riguardo al presente, in molti interventi emerge che le esigenze di una parte sempre più grande della popolazione italiana che nei fatti ha ribadito l’importanza della libertà della scelta migratoria, devono entrare nell’agenda politica e non possono essere più rimandate. Il senso di questa mobilità, tuttavia, dovrebbe portare alla circolarità, alla libera ricerca di conoscenza, di maturare esperienze, come ha ricordato Michele Schiavone.
Forse è anche il caso di smettere di parlare di fughe, i talenti nel terzo millennio (la generazione Erasmus, i millennials, chiamiamoli come ci pare) di solito non fuggono, ma sicuramente tutti vogliono essere liberi di muoversi come le risposte alla sfida del covid-19 stanno dimostrando. E solo gli stati che sapranno comprendere l’importanza del superamento delle barriere burocratiche potranno beneficiare dei risultati.
I temi sollevati dalla pandemia e affrontati nei vari contributi della seconda parte sono davvero tanti, si va da un ripensamento sulle forme vecchie e nuove dell’associazionismo, alle politiche da intraprendere per gli italiani all’estero, a una riflessione sull’idea di Europa e delle conseguenze della Brexit, all’impatto delle nuove mobilità sull’ambiente, al grande interrogativo sul futuro delle famiglie transnazionali che si basavano sulla facilità dei ritorni. Ma mi devo interrompere per lasciare spazio ai relatori.
Ci saranno altre occasioni per discutere di questi temi, intanto vi annuncio che la Fondazione Di Vittorio e la CGIL hanno in preparazione una presentazione per dicembre e che il 13 dello stesso mese saremo a discuterne al’’incontro del Seminario di Palermo con Maria Chiara Prodi.

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