
In un’Europa in cui le migrazioni sono divenute improvvisamente il suo principale problema, il quadro si arricchisce di una vecchia novità: l’espatrio degli italiani all’estero che, nell’ultimo quinquennio, ha interessato circa 600 mila persone. Il dato è emerso nell’incontro annuale dell’Association of European Migration Institutions, che si è tenuto il 24 e il 25 settembre a Torino per l’organizzazione di Globus et Locus e del Centro Altreitalie, mentre, nell’ultimo triennio, più di 7000 unità provengono dalla Sardegna (ISTAT), unica regione italiana a partecipare a questo convegno, con uno studio prodotto dal CEDISE (Centro Europeo Diffusione Sardegna Estero), organizzazione aderente UNAIE.
Nel convegno, in lingua inglese, introdotto da Piero Bassetti, presidente della Globus et Locus e da Maddalena Tirabassi, vice presidente della AEMI e direttrice del Centro Altreitalie, e caratterizzato dalla presenza di autorevoli studiosi italiani ed esteri, la Sardegna ha presentato un’indagine condotta dal CEDISE, attraverso le sue curatrici, Silvia Aru dell’Università di Cagliari e direttrice del Centro studi della medesima organizzazione e Francesca Mazzuzi, vice presidente del CEDISE, rivolto a mettere in luce gli aspetti della mobilità dei sardi, soprattutto delle giovani generazioni, in questo scorcio di millennio.
L’indagine CEDISE, rappresenta la prima tappa di una ricerca più vasta in corso di svolgimento sull’universo migratorio sardo: si è svolta sulla base di criteri quantitativi e qualitativi, si è basata sulla compilazione di un dettagliato questionario online rivolto ai sardi sparsi in tutto il mondo, in Italia e all’estero, integrato dalla raccolta di storie di vita e da altri dati emersi grazie alla collaborazione di circoli e di federazioni di sardi. In particolare dall’elaborazione di 154 questionari è emerso un campione di intervistati con un livello d’istruzione medio-alto, circa un terzo del quale risiede in una regione italiana del centro-nord, mentre la maggior parte si trova in un Paese estero. La ricerca ha investito le persone uscite dall’isola dopo la cessazione dei grandi flussi migratori dell’ultimo Dopoguerra, ossia a partire da anni Ottanta avanzati. Per il momento essa ha finito per abbracciare nella quasi totalità le ultime generazioni espatriate col nuovo millennio.
Le principali mete estere sono risultate il Regno Unito, la Germania e la Spagna, ma anche le altre tradizionali dell’emigrazione italiana non sono state trascurate, come Argentina, Brasile, Cile America del Nord, Australia, Svizzera, Francia, Olanda e Belgio. Rispetto a esse sembrano avere ancora un ruolo le tradizionali catene migratorie e, sia pure in misura inferiore, le organizzazioni dei sardi all’estero. Il dato più preoccupante, però, è stato che solo poco più del 20 per cento dei giovani sardi pensa di tornare in Sardegna, mentre oltre il 40 intende trattenersi dove si è trasferito e il rimanente ha il progetto di recarsi ancora in un altro paese. Le ragioni di disaffezione dalla propria terra di origine vanno ricercate, oltre che nella scarsità delle opportunità lavorative e nella stagnazione economica (anche se l’ultimo dato vede il Pil regionale in ripresa dello 0,5%), soprattutto in un tessuto sociale restio all’innovazione e legato a prassi dure a morire non certo favorevoli per le nuove generazioni. E allora è emerso che, per oltre la metà del campione, le precedenti esperienze di studio o lavoro fuori dalla Sardegna hanno arrecato un generale miglioramento economico, determinando una minore precarietà lavorativa e una crescita del proprio reddito annuo. Nella pattuglia esigua di chi desidera rientrare vi è l’affezione alla famiglia, amici e il legame con l’isola, ma la mancanza di opportunità lavorative adeguate alle proprie competenze continuano ad essere, per la maggioranza, un freno potente per il rientro definitivo in Sardegna.
Con questa iniziativa, in cantiere da oltre un anno, il CEDISE ha messo in piedi un autentico osservatorio sulla mobilità dei sardi fuori dell’isola, studiando non solo le condizioni socio-economiche ma, in prospettiva, anche il ruolo e le risposte dell’associazionismo organizzato alle nuove migrazioni e il modo di convogliare entro un discorso organico, fatto anche di proposte e iniziative concrete, le molteplici facce che assume, attraverso i social network, la vasta galassia di giovani sardi all’estero, il cui numero, come hanno dimostrato anche questi primi sondaggi che hanno evidenziato tanti soggetti non registrati dall’AIRE e dai consolati, va ben oltre le cifre ufficiali.
In allegato mettiamo a vostra disposizione il materiale usato dalle ricercatrici Francesca Mazzuzi e Silvia Aru: