Seminario di approfondimento Idos-Cedise del 20 marzo – Resoconto

Fare rete, favorire il dialogo tra associazioni e sensibilizzare l’opinione pubblica sui temi dell’immigrazione e svolgere un’adeguata attività di studio e di ricerca sono le linee guida comuni emerse nel seminario di approfondimento organizzato venerdì 20 marzo a Cagliari, presso il Centro di Relazioni Industriali dell’Università di Cagliari, dal centro studi Cedise, sotto l’egida della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento Pari Opportunità e l’Ufficio Nazionale Anti Discriminazioni Razziali Unar  e in collaborazione con Idos, Confronti e il sostegno della Chiesa Valdese. L’incontro è stato coordinato da Franco Pittau (Presidente Onorario Idos), Annamaria Baldussi (docente dell’Università di Cagliari e componente della Consulta Regionale dell’Immigrazione), Aldo Aledda (Presidente CEDISE e Vice presidente Nazionale UNAIE) e Gianni Loy (Docente dell’Università di Cagliari e Direttore del Centro di Relazioni Industriali).

GLI INTERVENTI

Franco Pittau, aprendo i lavori, individua quattro linee guida da seguire:

  • a) scambiarsi la documentazione – sia in forma cartacea che sul web – che rappresenta lo strumento ancora più potente a disposizione;
  • b) studiare attentamente il tema, individuando argomenti che possano essere trasferiti agevolmente nella società dal momento che l’opinione pubblica ha bisogno di stimoli e per questo è indispensabile l’intervento degli operatori sociali;
  • c) lavorare per la trasmissione delle conoscenze acquisiti, preoccupandosi di sensibilizzare l’opinione pubblica, soprattutto in Sardegna;
  • d) reperire le risorse, da momento che la cultura deve autosostenersi.

Annamaria Baldussi, riprendendo il discorso di Pittau, aggiunge che, per rendere possibile lo scambio di documentazione, è necessario capire esattamente qual è lo stato dell’arte. Spesso ci s’incontra, si dialoga ma poi non si parla più fino al successivo incontro. Perciò occorre abbattere i muri esistenti tra le associazioni, eretti per evitare ‘furti’ di idee e progetti. Per prima cosa, quindi, è indispensabile fare rete, una rete che comprenda, oltre agli organismi che si occupano di emigrazione, anche le figure di raccordo con le varie istituzioni (Regione, province, enti locali vari, forze dell’ordine ecc.). Dopo di ché occorre riferirsi al discorso della Cooperazione internazionale, ma soprattutto all’educazione perché il razzismo strisciante non può essere combattuto e vinto se non agendo sui ragazzi fin dalla tenera età. Esso non può essere certo affrontato ai vent’anni e, ancor meno, senza progetti mirati. Osserva, infine, che occorre agire maggiormente sul lato della sensibilizzazione circa questo argomento in modo da acquisire credibilità presso l’opinione pubblica e, per essere credibili e efficaci, bisogna imparare a comunicare con tutti gli strumenti disponibili e a tutti i livelli perché ogni settore ha le sue caratteristiche. Un modo potrebbe essere la creazione di una newsletter e, visto che esistono i canali per farlo (radio e tv), andrebbero individuati degli spazi appositi attraverso cui proporre i programmi che parlino di emigrazione.

Aldo Aledda, Con particolare riferimento alle istituzioni pubbliche, fa notare, per inciso, che spesso chi si occupa di migrazioni facilmente viene esso stesso ghettizzato all’interno dell’istituzione pubblica. Ciò da l’idea delle difficoltà che esistono a sensibilizzare per prime le istituzioni circa i temi dell’integrazione degli stranieri. Pertanto il problema fondamentale consiste nella comunicazione della realtà e dei dati che caratterizzano questo fenomeno. Ossia comunicare, per esempio, che l’arrivo d’immigrati non genera criminalità, ma al contrario la riduce; che gl’immigrati non sottraggono posti di lavoro, ma li incrementano, che sostengono l’economia e le pensioni, ecc. A questo occorre aggiungere il problema della formazione degli operatori pubblici e privati, dal momento che su questi temi d’inserisce la variabile dell’interesse politico che, parlando alla pancia della gente, tende a nascondere la realtà per un immediato e spicciolo interesse elettorale.

Gianni Loy, Ritorna sulla necessità di fare rete. La rete è fondamentale visto che spesso si fanno cose molto diverse, ci sono progetti di tutti i tipi e dimensioni ma si disperdono per mancanza di un fronte comune. E’ importante la rete perché senza collegamenti si disperdono o si rendono inefficaci tutta una serie di conoscenze in possesso degli operatori.

IL DIBATTITO

Tiziana Putzolu (Operatrice della formazione professionale)

Dopo aver premesso che si occupa di formazione professionale, sostiene che i progetti di formazione rivolti agli immigrati rappresentino un’azione concreta. Mette, poi, in evidenza il fatto che le associazioni sono formate da persone eccezionalmente motivate, che agiscono in costante raccordo con le istituzioni. E cita il caso che attualmente segue con la prefettura, che consiste nell’individuare un’azione concreta per eliminare i ragazzi dai parcheggi. Nelle piccole città è un fenomeno marginale, ma in quelle più grandi è divenuto un problema. Ribadisce infine che, grazie alla formazione, si può fare molto di più, ma è necessario che questa non si perda. Infatti, capita spesso che, dopo sei mesi, le persone formate vadano a spendere altrove quanto appreso senza ciò abbia alcuna ricaduta, a livello occupazionale, sulla Sardegna che ne sostiene i costi.

Elisabetta Sini (Centro Relazioni Industriali) Porta la testimonianza dell’associazione con cui collabora, la Fondazione Anna Ruggiu, che si occupa dell’inserimento lavorativo e sociale di rom e altre persone colpite dal disagio, la cui azione si muove sul fronte educativo. L’azione consiste in progetti educativi che si pongono alla stregua di un doposcuola a domicilio svolto da alcuni volontari soprattutto nei confronti dei bambini.

Fabiana Callai (Presidente di Ferpi Sardegna) Precisa che, per comunicare, è necessario prima di tutto ascoltare. La formazione è utile per chi s’intende accogliere, ma l’ascolto viene ancora prima. E allora, considerato che i media bombardano continuamente l’opinione pubblica su ogni genere di tema e di argomento, a proposito di questo dovremmo chiederci: siamo pronti a trattarlo? Abbiamo ascoltato a sufficienza? Abbiamo fatto tutto il necessario per capire? Per questo è importante che gli operatori lavorino sulla comunicazione e sull’ascolto, ma prima di tutto dovrebbe essere l’istituzione pubblica stessa a farsi carico dell’informazione e del corretto ascolto.

Daniela Corona (assistente sociale associazione Together)

Auspica che si costituisse veramente una rete, anche per evitare di generalizzare il fenomeno immigrazione disperdendolo nelle consuete prassi degli interventi, ma interrogandosi piuttosto sull’efficacia e sull’utilità delle azioni: questi progetti producono davvero risultati? Va bene formare: ma sappiamo davvero chi sono i soggetti interessati? Perciò si eviti di chiudere i migranti nei soliti corsi, ci si informi piuttosto su chi sono e che cosa sanno fare e quali sono le loro esigenze e aspirazioni, attraverso una ricerca qualitativa e non solo quantitativa.

Francesca Mazzuzi (Cedise Sardegna)

Ritiene utile raccogliere il suggerimento di creare una trasmissione radiofonica apposita sull’emigrazione. Trova, inoltre, fondamentale elaborare progetti con le scuole, ma purché ciò avvenga concentrando l’attenzione sulle origini del fenomeno migratorio e non trattarlo soltanto come uno stereotipo. Infine la fase di progettazione deve basarsi su un’adeguata attività di ricerca.

Maria Grazia Krawczyk (ricercatrice ISEM – CNR Cagliari)

L’identità è importante, va bene i dati ma occorre andare oltre. Occorre chiedersi chi sono i migranti che arrivano in Italia? Chi erano là e chi vogliono essere da questa parte. Per vari fattori, fra cui il mimetismo, perdono alla lunga la loro identità. Non si può non notare una scarsa e pessima informazione tra i giovani che sfocia in comportamenti razzisti che tendono pure a degenerare. Ritiene di cogliere uno scarso impegno da parte delle istituzioni pubbliche non sembrano volersi impegnare a sufficienza a favore di queste persone. Perciò alcune politiche sembrano fatte per ghettizzare più che per aiutare.

Mariya Stepanyuk (componente della Consulta regionale dell’Immigrazione)

Dopo aver affermato di recare la sua testimonianza anche da immigrata e mediatrice culturale, afferma che molto spesso si chiede all’emigrato di risolvere da solo un problema davanti al quale il più delle volte è impreparato. Per esempio, se non parla l’italiano, occorre chiedersi il perché. Magari non è motivato oppure non è stimolato. I corsi di italiano, che pure sono fondamentali, spesso non esistono, oppure, quando ci sono, il più delle volte si limitano a livelli troppo elementari.

Clara Corda (Presidente Aidos)

Uno degli obiettivi come associazione Adios è stato dare voce ai migranti e integrarli anche nelle sue iniziative. Riferendosi, in particolare, sull’assistenza alle neomamme, non va dimenticato che il tasso di natalità in Sardegna è tenuto alto dalle donne straniere. Donne che però nel momento della nascita, molto delicato non ricevono adeguato sostegno, prima e durante il parto. Questo è uno stato di disagio molto grave e per questo l’Aidos cerca di offrire un supporto importante. Chiede, pertanto, di sostenere il discorso della mediazione. Per questo motivo i progetti sono importantissimi perché permettono di avere delle situazioni da condividere con chi arriva e mantenere così il gruppo unito, superando le difficoltà che emergono. E sono una fonte continua di adesioni con persone da coinvolgere e far crescere.

Franco Meloni (direttore Aladin)

Ricorda che il prof. Pulina, dell’Università di Sassari, osserva che bisognerebbe ripopolare i nostri paesi con gli immigrati, che poi potrebbero essere impiegati nell’agricoltura, in modo da creare reddito e dare impulso all’economia isolana. La Sardegna sicuramente eccelle nell’accoglienza, però bisognerebbe approfondire l’argomento, magari parlare con i sindaci, senza snaturare l’identità di chi arriva, ma comunque parlarne. Vi è poi il discorso dell’università, che diviene preoccupante nella misura in cui questa nel complesso si mostra eccessivamente arroccata in sé rispetto a queste istanze. Si assiste a uno spreco di soldi enorme, così come di idee, buona parte delle quali magari potrebbero provenire dalle tesi di laurea. Un’istituzione che andrebbe tirata dentro è la camera di commercio che potrebbe dare un apporto sicuramente importante.

Claudia Marrocu (assistente sociale- Cedise)

Afferma che nel suo lavoro di assistente sociale la mancanza di una rete costituisce il vero ostacolo all’esercizio della professione. C’è esigenza di capire i bisogni e differenziare gli interventi rendendoli però allo stesso meno schematici. In più ci vorrebbero orze più giovani; infatti troppe sono le persone ormai stanche di questo lavoro e non certo sono motivate da come lo sarebbe un giovane.

Franco Pittau, conclusione dei lavori

In base a quanto detto nei vari interventi presenta una serie di spunti programmatici. L’elenco indirizzi Unar, innanzitutto, può fare da base per una prima comunicazione nella rete. Il passo successivo sarà conoscere i progetti di ogni associazione e iniziare a creare davvero la rete. Come fare la rete? Occorre essere pronti per i progetti sul Fondo Europeo per l’immigrazione. La Sardegna è una regione di confine, con buoni rapporti con i ‘vicini’. A volte non si parla dei progetti tra vicini mentre una politica di buon vicinato potrebbe arrecare maggiori risorse. Ma occorre intervenire anche a livello locale. Visto che gli amministratori pubblici sono insensibili sta a noi ‘provocarli’ e portarli ad agire. Oltre alle istituzioni locali è valido il suggerimento di coinvolgere la camera di commercio, ma suggerisce anche di interpellare altre associazioni o i centri servizi per il volontariato. L’idea generale è partire dal basso per reperire fondi e risorse.

 

 

Tagged under

Lascia una risposta

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <s> <strike> <strong>

Shares